E’ risaputo che i turchi hanno una particolare predilezione
per le donne grasse.
Non obese, intendiamoci, diciamo un po’ in carne,
prosperose, giunoniche.
Lo dimostra il fatto che non s’è mai vista una danzatrice
del ventre secca come un’alice.
I turchi sono tutt’altro che stupidi, la storia lo dimostra,
quindi una valida giustificazione a questo loro atteggiamento ci deve pur
essere.
Lasciamo da parte le allusioni di carattere prettamente
erotico e proviamo a dare un senso a questo loro modo di pensare.
Guarda caso le prime immagini della donna, espressione di
una incipiente arte delle civiltà primitive, la rappresentano esattamente come
la vedono i turchi.
Seni grossi, ventre prominente, fianchi larghi,
rappresentazione della consacrazione alla maternità, simbolo ancestrale della
generosità di madre natura che forniva sostentamento alle popolazioni.
Un’immagine quindi al tempo stesso forte, rassicurante e
confortante.
Sarà per questo che i turchi, e non solo loro in verità,
ricercano nelle donne proprio queste qualità, e sarà per lo stesso motivo che le
medesime percezioni vengono in un certo senso suscitate dalla vista e dall’uso
di una “mountain bike”’.
Rispetto ad una bici da corsa infatti è come una donna
procace rispetto ad una smilza.
Facciamo un rapido confronto fra le loro principali
caratteristiche: telaio esile ed elegante l’una, generalmente più tozzo, anche
se spesso comunque elegante l’altra.
Corone anteriori e posteriori maggiormente votate alla
velocità l’una e, differentemente, orientate alle arrampicate proibitive ma
tranquille l’altra.
Poi le ruote. Quelle dell’una, per la loro dimensione e per
quanto è stretto e liscio il copertoncino, suscitano insicurezza e l’impressione che sia difficile
anche mantenere il semplice equilibrio. Quelle dell’altra invece, più piccole
di diametro e con il battistrada ampio e la scolpitura generosa, ruote grasse
vengono anche definite, sembra possano rimanere in equilibrio da sole.
Rassicurano.
Il manubrio, per finire, o meglio la piega, per usare un
termine più preciso se ci riferiamo alla bici da corsa, in questa ha una forma
talmente innaturale che un neofita generalmente non sa letteralmente dove
mettere le mani. Questo chiaramente solo a prima vista, alla fine con un po’
d’esperienza e qualche buon consiglio ci si prende confidenza, ma quello della
mountain bike, quello si che chiunque sa subito come manovrarlo.
L’allusione che quanto detto nasconde malamente forse è
scontata, ma sfido chiunque a sostenere il contrario.
Se poi la bicicletta da corsa di per se fornisce un’immagine
di libertà, figuriamoci la “mountain bike”.
Con la corsa infatti è possibile solo un ciclismo cosiddetto
da bitume; ci vogliono strade asfaltate, se in modo perfetto meglio. Dio solo
sa quanto possa essere fastidioso transitare su strade sconnesse con una
specialissima: fastidioso per le nostre terga e per l’ansia di bucare o che il
mezzo, data la sua delicatezza, possa subire danni. La “mountain bike” invece
non disdegna l’asfalto ma ama lo sconnesso; lo sterrato è il suo campo
naturale.
Un ciclismo da mulattiera contro quello da bitume.
Sarà anche per questa ragione che il senso di libertà che
generalmente procura lo spostarsi in bici, con la “mountain bike” raggiunge il
suo apice.
La sensazione di euforia e liberazione che concede l’aver
vinto un passo alpino può essere solo in parte comparata con ciò che procura il
raggiungere la vetta di un monte o semplicemente d’una collina per vie
impervie.
Che dire poi del fatto di potersene buggerare del traffico.
Dove arrivano le “mountain bike” spesso non arrivano neanche i fuoristrada.
Ambiente e panorami sono pressoché incontaminati.
E’ per questo che tutti i cultori della bici da corsa
dovrebbero provare a dedicarsi più o meno saltuariamente anche a quest’altro
tipo di attività. Esso può rappresentare una validissima alternativa che può
servire anche a spezzare la monotonia dei soliti percorsi e di un’attività che,
fatto salvo il piacere che procura, bene o male è sempre uguale a se stessa.
Borgo Grappa insegna.
Alcuni, malgrado la posizione di guida sia leggermente
diversa, meno raccolta diciamo, sono soliti utilizzare la “mountain bike” come
strumento d’allenamento. Il peso è sempre maggiore rispetto a quello d’una
specialissima, quindi, dopo una serie di salite fatte con questa, con la corsa
si vola.
Insomma, ricapitolando, la “mountain bike” e comoda,
rassicurante, entusiasmante, e, per
finire, è proprio come una bella donna prosperosa, è ammortizzata.
Agosto 2006 Lo
Scozzese