La percorriamo in lungo ed in largo praticamente ad ogni
uscita, ed essa ci accoglie con l’abbraccio dei monti circostanti come il seno
di una grande madre: i Colli Albani sono il suo braccio destro, il sinistro, le
propaggini degli Ausoni col promontorio del Circeo e più indietro le spalle
vigorose rappresentate dalla catena dei monti Lepini.
Una vastissima estensione di terreni coltivabili,
fertilissimi e ben ordinati, un tempo, soprattutto alle falde dei Lepini, completamente
invasi dalle acque a formare una maleodorante palude ed in ogni dove boschi
fittissimi, dei quali oggi residua un esempio solamente nel Parco Nazionale del
Circeo, ed altra vegetazione spontanea ed infestante.
Tutta l’area è oggi costellata di città e grossi paesi di
recentissima edificazione e di piccoli borghi abitati da genti trapiantate dal
Veneto, dal Friuli e dall’Emilia Romagna, che hanno contribuito non poco a
rendere la zona lo splendido giardino di campi che è oggi
Sembrerebbe debba il suo nome all’antica città di Suessa
Pometia della quale non si conosce l’esatta ubicazione, anche se alcuni la
identificano con la famosa città antica di Satricum situata in corrispondenza
dell’attuale località delle Ferriere, nei pressi di Nettuno. A detta di
costoro, Suessa ne sarebbe il nome aurunco (come Sessa Aurunca), Satricum
quello volsco ed infine Pometia quello latino.
In ogni caso quello che era chiamato, con tutta probabilità,
Ager Pometinus o Pometina Planitia o ancora Pomptina Planitia, cingente questa
città da molti lati, nel corso dei secoli ha assunto la denominazione di Agro
Pontino o Pianura Pontina.
Simbolo della vittoria dell’uomo nei confronti di una natura
che talvolta non può definirsi propriamente benigna, la sua situazione attuale
è il risultato di alterne vicende, le quali, in epoche proto-storiche e
storiche, hanno visto la lotta dell’uomo contro le acque che la invadevano in
lungo ed in largo creando l’estesa palude alla quale s’è accennato.
Dapprima i Volsci, che abitavano un tempo tutti i monti
circostanti fino alla valle del Sacco ancora prima dell’avanzata della potenza
Roma. Essi si cimentarono nell’impresa di asservire la natura selvaggia ai
propri fini e scavarono dei cunicoli di drenaggio che sono rimasti famosi per
la loro efficienza. Sempre loro, parrebbe, diedero inizio all’escavazione del
canale Rio Martino.
Ma una volta che tale popolo fu
asservito al dominio di Roma, tali cunicoli, non più manutenzionati persero la
loro efficienza e la palude si impadronì di nuovo del territorio, almeno fino a
quando la potenza romana che andava crescendo, sentì la necessità di costruire
una strada che avrebbe attraversato il suolo pontino. Si sta parlando della
famosissima Via Appia
E’ di questo periodo almeno il completamento dell’opera
iniziata dai Volsci, se non la completa escavazione dal nulla, del canale che
corre tuttora rasente la strada e denominato Rio Martino, lo stesso che sbocca
a mare nei pressi di Borgo Grappa. Anche durante i fasti di Roma la pianura
godette di alterne vicende, periodi caratterizzati dallo splendore di terre
coltivabili ad altri che ne videro l’abbandono.
E’ curiosa la storia, documentata, secondo la quale Cesare
concepì un disegno grandioso per risolvere definitivamente il problema
dell’impaludamento della piana. Si trattava del progetto di deviare il corso
del Tevere attraverso il Campo Vaticano ed il Gianicolo, per andare ad
attraversare in linea retta la pianura, fino a sboccare nel golfo di Terracina.
I pugnali dei congiurati posero il segno fine sull’ardito progetto.
Stesso tipo di progetto, anche più ambizioso, scaturì dalla
mente di Nerone il quale immaginò di scavare un canale da Ostia verso il golfo
di Terracina che si sarebbe poi spinto addirittura fino ad Averno ed al lago di
Baia.
Al di là di queste iniziative già perdenti all’inizio a
causa della loro difficoltà di realizzazione, la presenza della via Appia
favorì, sempre fra alti e bassi però, il mantenimento di una condizione
accettabile della pianura.
Ci piace ricordare che è di questo periodo di solerte
manutenzione della strada e delle zone circostanti, la costruzione di un ponte,
il Ponte Maggiore, che ancora oggi, in piena efficienza, è attraversato dalla
strada in zona Tor Tre Ponti, l’antica Trepuntium.
Dopo
Traiano, per lungo tempo nessuno si interessò all’Agro Pontino il quale, salvo
un breve periodo intorno al 490 d.C.,
ebbe così modo di ritornare l’ambiente malsano e maleodorante d’origine per
tantissimi anni a venire, dal Medioevo all’Evo Moderno , dal 1700 al 1900,
quando finalmente, dopo continue ed alterne vicende ed interventi industriosi
ma pur sempre parziali, scattò il progetto più ambizioso in assoluto di tutto
il periodo storico Pontino, la cosiddetta Bonifica Integrale.
Nel
1918, dopo una serie di studi organici,
tutta la zona fu divisa in due grandi comprensori caratterizzati dalla
diversa natura geologica del terreno e furono costituiti due Consorzi che si
attribuirono e divisero il compito della bonificazione idraulica, la
costruzione di una estesa rete di strade, di ponti, la escavazione di canali
collettori, la istallazione di varie idrovore per il prosciugamento dei terreni
più bassi, la sistemazione dei laghi del litorale.
Le
opere, per i due consorzi così costituiti, iniziarono rispettivamente nel 1923
e nel 1926.
I
cambiamenti ecologici derivanti da queste opere, consentirono di ridurre
notevolmente la densità dei vettori di malaria, determinando la scomparsa delle
paludi retrodunali, tipici ambienti di proliferazione della zanzara Anopheles
Labrachiae.
La
prima fase dei lavori riguardava la bonifica idraulica, convogliando le acque
di pioggia e di sorgente del bacino montano, che prima si rovesciavano
disordinatamente nella pianura, in un collettore di gronda, allacciante le Acque Alte,
denominato canale Mussolini, il quale partendo dal fosso di Sermoneta va ad
immettersi nel fosso Moscarello, sfociando quindi al mare nei pressi di Foce
Verde. Le acque provenienti dai terreni alti vennero convogliate
nel canale collettore delle Acque Medie
e le acque provenienti dai terreni bassi nel canale collettore delle Acque Basse.
A questi tre canali principali si aggiunsero km. 3515 tra collettori principali
secondari e terziari; furono scavate km. 15.000 di scoline e furono costruiti
21 impianti idrovori. Si sistemarono i laghi costieri approfondendone l'alveo e
rinforzandone gli argini. Furono tracciati quasi hm. 1.000 di strade principali
e circa km. 500 di strade interpoderali.
Già
a partire dal 1929 il ritmo dei lavori della bonifica idraulica fu avviato con
rinnovata celerità. Fondamentale risultò il supporto delle poderose escavatrici a
tazze Tosi, che, avanzando su appositi binari, facilitarono lo scavo
del canale Mussolini. Assieme al lavoro delle macchine va anche ricordato il
prezioso e insostituibile lavoro della manodopera operaia, massicciamente
impegnata nell'impresa di risanamento.
Il
28 agosto del 1931 la Gazzetta Ufficiale pubblicò il primo decreto di esproprio
che attribuiva all'Opera Nazionale Combattenti un primo lotto di terreni per 18
mila ettari. Il 7 novembre dello stesso anno, arrivò il primo treno di operai
per il disboscamento. Il 10 novembre 1931 iniziò il lavoro di radicale pulitura
di 6.280 ettari di terreno da tutta la vegetazione infestante, sterpi, rovi,
bassa fratta, con dicioccatura e asportazione delle radici. A tale lavoro seguì
quello di dissodamento, cui si provvide per mezzo di macchine a trazione
funicolare Fowler nelle zone ove era necessaria un'aratura profonda. Furono poi
sistemati i terreni con l'apertura di scoline ogni 40 metri.
Si
provvide così all'appoderamento della pianura. Il tipo dei fabbricati colonici
costruiti fu studiato per le necessità di una numerosa famiglia colonica, e in
ogni podere fu sistemato un solo gruppo familiare. Per poter provvedere
all'assistenza tecnica e finanziaria dei coloni fu costituito un centro
aziendale per ogni cento case coloniche. I primi 5 centri aziendali, chiamati
Borghi, che furono poi battezzati con i nomi delle principali battaglie della
Grande Guerra: Sessano (Borgo Podgora), Passo Genovese (Borgo Sabotino), Casale
dei Pini (Borgo Grappa), Capograssa (Borgo San Michele), Doganella; alla fine
ne verranno costruiti 11, altri invece furono ristrutturazioni di antichi
casali come quelli che oggi sono delle frazioni di Aprilia (Campoverde,
Carano, Casallazzara, ecc.) Sul sito dove era sorto il centro aziendale del
Quadrato sorgerà Littoria, oggi Latina, nel 1932, la prima delle città nuove,
cui seguiranno: Sabaudia nel 1934; Pontinia nel 1935; Aprilia
nel 1937; Pomezia (provincia di Roma) nel 1939.
Questo
territorio per la maggior parte proprietà di grandi latifondisti era abitato,
prima della bonifica, da poche migliaia di pastori e da un numero variabile di
braccianti, ma solo durante i lavori stagionali. Dopo la Bonifica Integrale
(che si svolse fino al 1939), la popolazione aumentò fino a raggiungere i
63.000 abitanti, per la maggior parte provenienti dal Triveneto e dall'Emilia
Romagna.
Un’opera
mastodontica dall’esito felice finalizzata, involontariamente, anche al nostro “ciclistico” piacere.
Novembre
2006 Lo
Scozzese