L’ultima cosa che avremmo voluto fare sarebbe stata proprio
quella di disturbare il sonno millenario di Lars, uno
degli antichi abitanti di Volsini, l’antica città
etrusca che sorgeva nei pressi di Orvieto, e sepolto nella
necropoli del Crocefisso del Tufo; ma, a giudicare da ciò che abbiamo trovato
ad Orvieto alla famosa GF degli Etruschi, deve essere successo proprio questo.
La nostra venuta in questa meravigliosa cittadina, noi moderni
discendenti della Lupa di Roma, conquistatrice storica anche di questo
territorio, od il nostro semplice transito in quei posti stupendi, deve aver
contrariato non poco l’anima del nostro Lars, tanto
da convincerlo a chiamare a raccolta tutti i demoni
dell’Olimpo etrusco ed a scagliarceli
contro.
Aita, Phersipnai, Vanth, Charun, ognuno ha
contribuito a renderci la vita difficile. Aita ha riversato acqua a catinelle
nei giorni precedenti il nostro arrivo ed ha coperto il cielo del giorno della
manifestazione con una cappa di nuvole minacciose. Phersipnai ha disteso sul nostro cammino, a sbarrarci il
transito, il corso di un fiume dall’acqua gelida. Vanth
ha costellato le colline di erte salite e ripidissime
discese e, per finire, Charun ha coperto il suolo di
uno strato di scivolosissimo ed infido fango. Non so poi quale altro demone in
particolare abbia contribuito a consigliare gli
organizzatori a farci transitare per uno strettissimo sentiero boschivo, un
“single track” si direbbe in gergo, a dir poco micidiale, tanto da mettere in
difficoltà fior di bikers e ad accorciare il percorso
lungo di dieci chilometri e ad allungare, viceversa, quello corto fino a
portarlo praticamente alla stessa lunghezza dell’altro.
C’è da dire comunque, a parte gli
scherzi e le osservazioni, ora che la conosco, che questa GF merita veramente
la fama che possiede. Inutile osservare quanto sia caratteristico Orvieto,
disteso com’è sul suo colle di tufo che si erge sulla valle del fiume Paglia e
quanto siano belle e ricche di storia le zone circostanti.
Ottima e rodata l’organizzazione ed estremamente
curato e vario il percorso: ampi e scorrevoli sterrati di campagna, “single
track” molto tecnici fra i boschi, lunghe salite scorrevoli e secchi strappi
con pendenze mozzafiato che hanno provocato non poche vittime. Ho incontrato io
stesso qualche biker in preda a dolorosissimi crampi, che strillava come un
vitello al minimo accenno di movimento.
Per i “non addetti ai lavori”, colgo l’occasione per
precisare, ed è bene che si sappia, che con “single track” si
intende uno stretto budello che passa nel bosco e segue l’andamento del
terreno, dove a volte è difficile transitare anche a piedi; figurarsi in groppa
ad una MTB.
In questo caso specifico, quello caratteristico del percorso
di questa GF, era stretto fra due ali di fitta vegetazione, scivolosissimo a
causa della pioggia, in alcuni casi addirittura scavato
dell’acqua meteorica e cosparso conseguentemente di pietrosi.
Non si faceva a tempo a fare un centinaio di metri che occorreva
mettersi la bici in spalla, prima per scendere nell’alveo di un profondo
torrente boschivo e quindi per risalirne, a volte con
notevole difficoltà, la sponda.
Non si può fare a meno di menzionare poi i caratteristici
guadi del fiume Paglia che quest’anno, a causa della
pioggia, hanno riservato una sorpresa in più e cioè
quella di essere contraddistinti, almeno in un punto, da una profondità, a
detta di chi già li conosceva, inconsueta.
A parte il tratto in “single track”, scivolosa a causa del
fango era gran parte del resto del tragitto, salite comprese, cosa questa che
ha reso ancor più difficile un percorso già di per sé piuttosto impegnativo.
Ritengo di interpretare il parere di chi con me ha
partecipato dicendo che, a parte la fatica sia fisica che soprattutto mentale
causata della tensione indotta dalle non poche difficoltà di percorrenza di
molti tratti, rimane sicuramente la soddisfazione per essere stati fra i
presenti e, a dispetto del risultato di classifica, comunque
decoroso, l’appagamento per averla portata brillantemente a termine.
Lo
Scozzese
P.S.: detto per inciso, più vado in MTB
e più considero l’uscita con la BDC un momento di “riposo”.