PORTLAND
- La rivoluzione avanza silenziosa
nelle strade di Portland. La portano avanti uomini e donne senza bandiera, ma
con la testa protetta da caschi colorati: indossano giacche di plastica per
ripararsi dalla pioggia e ganci alle caviglie per non sporcare i pantaloni. Ogni mattina marciano compatti a un ritmo regolare: quello
dei pedali delle loro biciclette. Portland, la più grande
città dell'Oregon, universalmente riconosciuta come la città più bike-friendly degli Stati Uniti, da qualche anno è
l'epicentro di un movimento che, lentamente ma senza sosta, si sta diffondendo
in tutto il paese: l'affermazione della bicicletta come mezzo di trasporto
alternativo alla macchina nei grandi centri americani.
A
Portland, buona parte della città si muove su due ruote: le piste ciclabili
sono numerose, i parcheggi per bici anche, molti negozi hanno un ingresso
riservato ai ciclisti e i fattorini pedalano fra un ufficio e l'altro senza
sosta. Le mamme poi girano con bici speciali, con una sorta di grande cesta di plastica nella parte posteriore: qui,
assicurati da cinture di sicurezza, i bambini giocano in tranquillità.
"Portland non è Amsterdam. E gli Stati Uniti non sono l'Olanda - spiega Jeff Maples, firma di punta del
quotidiano "Oregonian" e autore di "Pedaling Revolution", un
libro che racconta l'ultima rivoluzione dell'America - ma il numero delle
persone che usano le due ruote negli ultimi due anni è aumentato in tutto il
Paese: i ciclisti hanno imposto alle città di creare spazi e regole per loro e
nei prossimi anni il trend non potrà che aumentare".
A spingerlo, secondo esperti, ci sarà più di un fattore: la drammatica crisi
economica che attanaglia gli Stati Uniti e che spinge migliaia di persone a
tagliare ogni possibile costo, comprese auto e benzina. L'enfasi che sempre più
medici mettono nella necessità di condurre uno stile
di vita sano e di fare movimento. L'aumento dei mezzi di trasporto pubblici (la
maggior parte dei quali c'è un posto per le bici). La
riscoperta dei centri delle città - downtown - come spazi di vita e non solo di
lavoro, con il conseguente abbandono delle villette di periferia che per anni
hanno rappresentato il modello ideale di casa degli americani. E la "rivoluzione verde" promessa da Barack
Obama: più finanziamenti per energie alternative e
trasporto pulito, meno enfasi sulle auto. "Obama
- insiste Maples - è stato il primo candidato alla
presidenza a parlare di bici come mezzo di trasporto pubblico e a sollecitare
l'appoggio dei gruppi su due ruote durante la campagna elettorale".
Così
a New York nuove piste ciclabili hanno reso la Grande
mela un luogo vivibile per i ciclisti, risultato inimmaginabile fino a qualche
anno fa. A San Francisco, i raduni del movimento su due ruote Critical Mass raccolgono ogni anno migliaia di persone. E
anche a Phoenix, una delle metropoli più estese degli Stati Uniti e una di
quelle con il numero maggiore di automobili, i
ciclisti cominciano a non sentirsi più come animali rari: "Molti
automobilisti pensano che io sia un poveraccio - dice un ragazzo su due ruote
fermo al semaforo - ma siamo sempre di più a girare in bici, e oggi ricevo
molti meno insulti di un anno fa".
"Non
credo che arriverà mai il giorno in cui vedremo ogni americano andare in bici:
è una cosa che devi davvero volere e amare. Non può essere imposta - conclude Mapes - ma le cose stanno
cambiando. E non poco. Dieci anni fa il mio libro non
sarebbe mai stato accolto con favore. E cinque anni fa
gli automobilisti non sarebbero stati così rispettosi con me e con gli altri
ciclisti nelle strade delle grandi città. Andiamo verso un futuro in cui,
soprattutto nelle grandi città, ci sarà una sempre maggiore scelta nei mezzi di
trasporto. Sempre più auto finiranno in garage. E io sono fiducioso che nelle strade americane ci saranno
sempre più biciclette".