Ho ancora vivi in mente ricordi di bambino, della prima biciclettina
“Atala” verde ramarro che mi regalarono
e con la quale ho imparato a mantenere l’equilibrio. Poi, da ragazzino, i
piaceri della “Bianchi” di mio nonno, nera, pesante e con i freni a
bacchetta con la quale facevo lunghe e solitarie
passeggiate al mio paese d’origine nella bassa Padana verso le rive del fiume
Po, per ammirarne dai ponti per lunghi minuti lo scorrere dell’acqua nell'ampio
alveo, fino ad averne un capogiro. E le perlustrazioni lungo
i viottoli degli argini degli innumerevoli canali fra oche che starnazzavano al
mio indirizzo, indignate perché avevo invaso il loro territorio e rotto la
tranquillità del luogo, e poi le bisce d’acqua dolce che talvolta mi sgusciavano
veloci e silenziose fra le ruote. Mai stato un gigante, tutt’altro,
ricordo che allora non riuscivo neanche ad arrivare ai
pedali stando sulla sella, ed ero costretto letteralmente a sedere sul
parafango posteriore. Ma tale era il piacere dell’avventura
e della scoperta di sempre nuovi tragitti e luoghi, da non provarne alcun
fastidio.
Questo
gusto l'ho mantenuto anche più avanti con l'età, quando, trasferitomi in
Umbria, trovavo sempre l’occasione per scorazzare, solo o con gli amici, per le strade e le campagne della periferia di
Terni, magari per recarmi sulle rive del fiume Nera, con un cocomero al
seguito, per azzardare un bagno nelle acque fredde ed infide insieme a qualche
compagno di ventura incosciente come me, nell'attesa che il cocomero si
rinfrescasse lambito dalle acque.
Ricordo,
in particolare, di una volta che trascinai i miei amici, tutti ragazzi di circa
13-14 anni, a fare una “passeggiata” che può, a ben diritto, essere considerata
un’antesignana delle lunghe “sgroppate” che mi ritrovo
a fare oggi; ci organizzammo, infatti, per arrivare ad Orte da Terni. A poco a
poco, uno per volta, tutti fecero “dietro front” e rimasi solo; ma anch’io,
arrivato al paese di Nera Montoro, decisi che era forse arrivato il momento di
desistere. Ritirata strategica, anch’io ero esausto ma loro non l'hanno mai
saputo.
Rammento
anche le gare con altri scavezzacollo come me, a
capofitto per le discese polverose di certe strade sterrate di campagna e di
quella volta che i freni mi fecero cilecca costringendomi ad un tuffo
imprevisto e rovinoso dentro un ruscello che scorreva al margine della strada,
gorgogliante tranquillo ed indisturbato, solo fino a quando io non passai
di lì.
Poi è
arrivata l’adolescenza, la gioventù e la maturità, e la passione per la
bicicletta è stata accantonata; mi sono dedicato anima
e corpo al lavoro, guadagnandomi un posto da dirigente, un buon stipendio, una
vita assolutamente noiosa che non mi ha concesso di godermelo ed una medaglia
alla stupidità, fino a quando l’ultima azienda presso
la quale ho prestato servizio per anni, travolta da crisi irreparabile, non ha
deciso di aiutarmi, sbarazzandosi
serenamente di me.
E’ stato
allora che la bicicletta mi ha strizzato di nuovo l’occhio e mi ha chiesto se
per caso non mi ricordassi più di essa. “Certo!”, ho
risposto, ”Se ancora vuoi sono di nuovo qui, magari con qualche capello bianco,
ma pur sempre lo stesso”.
Così ho
comprato una MTB bianca, che ho conservato fino a tempi molto recenti, ed ho
cominciato a riservare ad essa del tempo; lei, di
contro, mi ha permesso di vedere, sotto una veste nuova, posti conosciuti che
avevo sempre percorso alla guida di un cavallo di latta e posti sconosciuti e
bellissimi, fortunatamente irraggiungibili con quel cavallo. Poi ho trovato il coraggio
di aggregarmi a qualche gruppo ed ho cominciato ad assaporare il piacere della
velocità, della compagnia, della vista delle divise multicolori e quella
sottile e sana vena d’agonismo e di voglia di emergere dal mucchio, che alberga
dentro ognuno di noi. Ho scoperto come mi piacesse, a volte, pedalare solitario, a testa bassa, un
occhio all’asfalto ed uno alla strada,
rimuginando pensieri, sentendo quel leggero senso di fatica e di affanno
che un po’ di velocità sa dare, e poi, nel silenzio di strade poco frequentate,
il fruscio provocato dal vento fra i raggi delle ruote e dei pneumatici
sull’asfalto. Mi sono accorto di come fosse musicale e corroborante il chiacchiericcio all’interno
di un gruppo e quale allegria mi mettesse, al punto di farmi cantare, affanno
permettendo, quelle canzoni napoletane che mi piacciono e per le quali vado
famoso. Ho assaporato il piacere di raggiungere angoli e mete sempre nuovi e
sempre più difficili, e quello di raccontare salite sconosciute ai più oltre a
quello di sentirsi all’altezza degli altri. Ho scoperto poi, con piacere, che
il mio fisico era tornato più asciutto ed il peso ai livelli giovanili; 57-58
Kg per 165 cm d’altezza.
Il resto è
storia abbastanza recente; adesso ho numerose bici da corsa, “i muletti”, “ l’ammiraglia” e
"l'eroica", una Bianchi simile a quella di
Coppi per intenderci. Una bella MTB, naturalmente, è sempre all'erta, pronta
per una scorazzata fuori ordinanza.
Per
qualche tempo, dopo aver passato un periodo come “freelance” insieme ad un gruppo di ciclisti, del pari “non allineati” con i
quali mi sono molto divertito, ho deciso di cambiare iscrivendomi ad una vera
società ciclistica amatoriale ed ho fatto parte della ASD Bar Nolfi, anche in
qualità di Responsabile Ufficio Stampa e Pubbliche Relazioni nonché Consigliere
Tecnico.
Sebbene si
tratti di una piccola società, mi sono onorato di
averne fatto parte, perché annovera al suo interno personaggi che, per certi
versi, rappresentano un pezzo di storia del ciclismo locale; gente d’esperienza
dai quali mi piaceva sentire raccontare le avventure e con i quali ho condiviso
momenti che non facevano ancora parte del mio bagaglio. Recentemente però, pur
mantenendo i contatti ho deciso di svincolarmi per poter essere maggiormente
libero di tessere contatti, stabilire amicizie e
collaborazioni ed avere esperienze lontano da obblighi di squadra.
Infine, se
m’è concesso d’azzardare un parere in merito alle mie qualità ciclistiche potrei dire che non vado per niente male, anzi.
Sono minuto di costituzione e quindi ho vantaggio in salita ma mi difendo anche
in pianura anche se la velocità, soprattutto se mantenuta a lungo, mi fa
soffrire un po’. Amo “tirare” il gruppo
a discreta e costante andatura anche se alcuni lamentano il
fatto che, piccolo e spesso sulla piega bassa, non provoco una buona
scia. Credo comunque di godere della generale
considerazione e questo mi gratifica molto.
Ritengo di
essere corretto e leale anche se ammetto d’essere un po’ “birichino”. Mi
diverto e spero che anche per gli altri sia lo stesso; così la vita, anche se
per brevi lassi di tempo, torna a sorridere.
Un grazie
di cuore a tutti coloro che mi apprezzano e mi
incoraggiano ed a tutti quelli che hanno avuto ed avranno ancora la voglia e la
pazienza di leggermi.
Lo
Scozzese