La sdraio a pedali

 

Partecipando alla Maratona delle Dolomiti, può capitare, come è successo a me, di vedere Michil Costa, l’organizzatore della manifestazione, partire in testa alle migliaia di partecipanti a bordo di un velocipede da museo, e dargli di pedali a rotta di collo.

Oppure, sempre alla Maratona, scendere in picchiata dal Passo di Campolongo verso Arabba ed incontrare uno dei personaggi più conosciuti dell’Eroica di Gaiole in Chianti, quello onnipresente con berrettino a quadrucci, maglia di lana di capra, pantaloni di fustagno a tre quarti e baffoni, a cavallo di un ferrovecchio munito di un unico freno a contatto diretto col copertone anteriore, fumante per l’attrito.

Ma questo è niente in confronto allo stupore che ho provato nell’essere superato in discesa da una sorta di velocissima sdraio a pedali. Qualcosa di vagamente somigliante ad una bicicletta, ma molto più vicina ad una astronave a due ruote con a bordo un marziano dalle sembianze umane. La meraviglia delle guglie dolomitiche ha preso rapidamente il sopravvento sulla sorpresa, e la cosa è passata in secondo piano. Ad un certo punto però, recentemente, ho voluto approfondire ed ho scoperto una serie di cose interessanti su questi trabiccoli.

Innanzitutto che hanno un nome: si chiamano “recumbent” o meglio reclinate, per rimanere nell’ambito dell’italico sermone, e sono nient’altro che delle biciclette la cui caratteristica principale, a parte il resto, sta nel fatto che i pedali sono disposti anteriormente ed il passeggero è praticamente sdraiato sopra il mezzo con le gambe protese in avanti. In posizione reclinata insomma, come su una sorta di comoda poltrona. E non sono la trovata dell’ultima ora di qualche buontempone, in vena di dare sfogo alla sua fantasia nel ricercare una forma nuova per qualcosa che da anni ha assunto un aspetto ormai classico, anzi, la loro nascita va ricondotta pressappoco alla stessa data nella quale va posizionata quella della bicicletta moderna, e cioè intorno alla fine del diciannovesimo secolo.

E’ lecito chiedersi come mai non abbiano preso piede. Forse perché quella posizione sdraiata porta, come logico effetto, all’assopimento del passeggero ed alla sua conseguente uscita di strada?

E’ probabile, perché tutte le fonti informative sono concordi nell’asserire che la posizione reclinata è molto più comoda e riposante rispetto a quella tradizionale, nella quale ci si ritrova appollaiati su un sellino mai sufficientemente comodo, protesi in avanti col peso del busto gravante sulle braccia. Ma, a parte gli scherzi, la giustificazione è un’altra. Dopo un primo periodo, infatti, nel quale la reclinata ha coesistito con la bicicletta tradizionale anche nelle gare (la chiamavano “velocar” o “velo couché”), c’è stato un certo momento nel quale è avvenuta la promulgazione di norme atte a definire i limiti fisico dimensionali dei mezzi utilizzabili, le quali, di fatto, hanno provocato la messa al bando delle reclinate. Occorre considerare che, all’epoca, la “velocar  deteneva tutti i record di velocità. Le norme alle quali si fa riferimento sono valide tuttora.

Relegate in una posizione di nicchia, senza più la possibilità di mostrarsi, hanno subito un rapido declino e soltanto ora si sta operando una faticosa riscoperta, soprattutto in virtù di alcune loro specifiche caratteristiche vincenti.

Scopriamo allora insieme rapidamente i punti di forza e di debolezza di questa particolare geometria rispetto al classico diamante moderno.

Della comodità abbiamo già fatto cenno, ma ci sono alcuni particolari da aggiungere. Il sedile è largo e consente di poggiare schiena e spalle. Non più problemi di prostata e di compressione dei vasi del perineo con possibili risvolti negativi a carattere sessuale. La testa non deve essere reclinata indietro per poter vedere la strada, bensì rimane dritta sul busto, ed in questo modo è più facile guardarsi intorno e godere del paesaggio. Le spalle sono aperte e quindi la respirazione risulta facilitata e diminuisce il debito cardiaco. Addio tensioni muscolari alle braccia, ai polsi, alla schiena ed alle spalle. Addio anche all’inutile dispendio energetico conseguente. Il baricentro basso migliora la stabilità e la frenata. Impossibile, in caso di caduta accidentale, essere catapultati in avanti ed andare a sbattere violentemente il capo sull’asfalto. D’altro canto però, fatta salva l’attenzione e la curiosità che ancora provocano, nel traffico risultano meno visibili.

In termini di velocità, il loro punto di forza è soprattutto la pianura e la discesa. La posizione sdraiata consente di offrire una minore superficie alla resistenza dell’aria quindi, a parità di sforzo compiuto, la velocità aumenta. In discesa offrono le prestazioni migliori, anche perché la maggiore stabilità e capacità di frenata, permettono di affrontare le curve con maggiore piglio e sicurezza.

Anche la salita, sebbene non sia possibile alzarsi sui pedali per rilanciare, può riservare delle sorprese. La possibilità di spingere facendo pressione sulla la schiena appoggiata al sedile, consente di fare maggior forza sui pedali. Alla prova dei fatti, se a questo corrisponde una minor fatica, la minore agilità di pedalata raggiungibile, normalmente non consente di ottenere però un miglioramento della velocità ascensionale.

Per parlare delle caratteristiche fisiche, va notato che il peso va a loro discapito. Questo soprattutto a causa del grosso sedile e della lunghissima catena la quale, per poter raggiungere la ruota posteriore, a volte deve fare un percorso piuttosto tortuoso e passare su pulegge aggiuntive e dentro appositi canali di protezione per  non imbrattare di morchia il passeggero. La conseguenza è una certa rumorosità ed una minore efficienza dovuta alla perdita di potenza dovuta a tale lunghezza. La trazione anteriore costituisce un tentativo di risolvere il problema, ma ciò in molti casi comporta lo slittamento in salita della ruota motrice, non sufficientemente caricata. Col bagnato, ovviamente, la situazione peggiora.

In ogni caso, fatte tutte le debite considerazioni, le reclinate si sono rivelate ideali per il granturismo e per le lunghe e lunghissime percorrenze. Possono essere facilmente dotate di una notevole quantità di bagagli, sotto e dietro, in posizione stabile ed aerodinamica. Il corredo di ammortizzatori sia anteriormente che posteriormente, al pari di una mountain bike, le rende ancora più adatte a qualsiasi tipo di terreno. Non mancano comunque tentativi da parte delle case produttrici, di creare mezzi leggeri ed efficienti comparabili con le biciclette tradizionali.

Il carbonio comincia a fare capolino, peggiorando però di molto la generale onerosità in termini di costo la quale, da sola, basta a frenare la diffusione di un mezzo dotato di molte carte vincenti. Ma c’è già qualcuno che sfruttando intelligentemente ed al massimo possibile componenti standard e perciò molto economici, riesce a mettere sul mercato mezzi ad un prezzo di poco inferiore ai 600 €.

Un incentivo alla prova? La curiosità è fortissima. Se me ne capitasse una a tiro, non esiterei a saggiarla.

 

Lo Scozzese