La preistoria della
bicicletta
La
bicicletta può essere definita come un veicolo a due ruote fissate ad un
telaio. Si conduce e si dirige mediante un manubrio ed il suo avanzamento è
provocato da una combinazione di pedali ed ingranaggi mossi a forza di gambe e
piedi. Concettualmente semplicissima e geniale allo stesso tempo.
La
sua invenzione, nella forma nella quale la conosciamo oggi, risale a tempi
abbastanza recenti, ma la sua ideazione credo debba
considerarsi contemporanea all’invenzione della ruota.
Non
penso infatti sia stato il carro la prima espressione
dell’uso di questo rivoluzionario oggetto rotolante, era troppo complicato per
la semplicissima e primitiva mente dei nostri predecessori. Già arrivare ad
usarne proficuamente una di ruota dev’essere risultata un’impresa, figuriamoci quattro insieme.
Sono
certo quindi che i nostri ancestrali antenati
dall’aspetto scimmiesco, pelosi, fronte bassa, muso prognato, naso camuso,
capelli arruffati ed afrore di selvatico, avranno usato dapprima una sola
ruota, poi due, poi tre e così via, in una progressione lenta ma eccezionale di
trovate ed applicazioni geniali.
Possiamo
provare ad immaginare la situazione nella quale può essere scaturita
l’originale e miracolosa scintilla.
Orbene,
qualche milione d’anni fa, agli albori dell’umanità, ♪♫♪nel continente nero…♪♪♪paraponzi ponzi pò,
♫♫♪alle falde
del Kilimangiaro…♪♪♪paraponzi
ponzi pò…
No…scusate…debbo aver sbagliato storia. Ricominciamo dall’inizio.
Agli
albori dell’umanità, qualche milione d’anni fa, nel continente nero nella piana
di Laetoli, in Tanzania, ai piedi di un vulcano
dormiente, una famigliola di australopitechi,
di Australopitecus Afarensis
a pancia vuota per la precisione, sta cercando qualcosa da mettere sotto i
denti risalendo dalla pianura le pendici rigogliose di quel vecchio vulcano.
L’australopiteco, vorrei chiarire, per la conformazione dello
scheletro, in particolare del bacino che denota una postura indubbiamente
eretta, è considerato, a livello delle conoscenze
attuali, il primo e riconosciuto
antenato del genere umano.
La
famigliola è composta da soli tre individui: la mamma ha
nome Mammuth, il papà Babbuth.
Al figlio hanno dato, di comune accordo, il nome di Figliuth.
Diciamo pure che non avevano molta scelta, a quell’epoca
si conosceva solo un nome: a tutti i figli delle australopitecine,
maschi o femmine che fossero, veniva attribuito il
nome di Figliuth.
Il
bello è che nessuno se ne lamentava; allora si aveva pochissimo a disposizione,
nomi compresi, ma si era felici lo stesso, lasciando intravvedere
che, se anche oggi ci si accontentasse del poco, si vivrebbe senza
dubbio più contenti.
Mammuth
sta scavando sotto le radici di una determinata pianta alla ricerca di
particolari bulbi carnosi che forniscono loro adeguato nutrimento e dei quali
sono ghiottissimi. La ricerca del cibo, così come in molte delle tribù
primitive attuali, è delegata alla femmina, mentre al maschio corre l’obbligo
di difendere la famiglia dai probabili attacchi delle fiere. Papà Babbuth però, quando la situazione si rivela tranquilla,
aiuta Mammuth nella sua ricerca. Figliuth
intanto, ruzza intorno sotto lo sguardo vigile di mamma e papà australopiteco, creando lo scompiglio fra i numerosi
lucertoloni e fra i roditori, simili agli odierni topi, che si celano fra le
piante.
Un
lontano brontolio, come di temporale, che però sembra provenire dalle viscere
della terra accompagna in modo discreto le loro attività.
Ogni
tanto, quando questo brontolio aumenta d’intensità, Babbuth
tralascia quanto sta facendo, si rizza sulle due gambe e si guarda nervoso
intorno alla ricerca della causa di quel rumore, ma senza trovarla.
Come
questo si spegne, lentamente si acquieta e riprende a scavare con foga fra le
radici, aiutandosi con un ramo appuntito che ha trovato nei paraggi. Il cibo
trovato viene spartito e consumato subito.
Progressivamente,
cercando e ricercando, la nostra famiglia si arrampica sempre più sulle falde
del vulcano, ed è quando arriva ad un declivio in maggiore pendenza che si
scatena il pandemonio.
I
sordi brontolii infatti erano dovuti alle avvisaglie
di una ripresa d’attività dell’antico vulcano il quale, ora, mentre il magma
cerca di farsi strada per uscire allo scoperto dalle profondità della terra,
sta provocando un terribile terremoto.
I
nostri tre dapprima si guardano fra loro confusi, poi,
avvertendo contemporaneamente la presenza d’un forte pericolo, si lanciano
giù per la china seguiti, a distanza sempre più ravvicinata, da una serie di
massi che, a causa del movimento del terreno provocato dalle scosse incessanti,
si staccano dalla parete del monte.
Alcuni
di questi, più tondeggianti e quindi maggiormente adatti a prendere rapidamente
velocità, raggiungono velocemente i nostri tre in fuga che rischiano così
d’esserne travolti.
E’
risaputo come una caratteristica delle scimmie, e quindi senza dubbio anche di
questi nostri lontani parenti, sia un’innegabile agilità e senso
dell’equilibrio, che consente loro di poter vivere e muoversi senza problemi
fra i rami degli alberi della foresta.
Possiamo
quindi immaginare come Mammuth, Babbuth
e Figliuth, in questo frangente, non si siano persi
d’animo e, piuttosto che farsi travolgere dalle pietre rotolanti (The Rolling Stones), abbiano scelto di salirci sopra con un ben assestato ed acrobatico
balzo all’indietro, assecondandone, mediante un adeguato e funambolico
movimento alternato di gambe e piedi, la veloce discesa.
Non
sembra anche a voi, come a me, di vedere queste povere tre figure strepitanti,
ciascuna sopra una pietra rotonda, affannarsi impaurite
per cercare di tenere l’equilibrio sopra il proprio masso con rapidi movimenti
dei piedi?
Fortunatamente,
grazie alla corretta ma inconsapevole interpretazione data al fenomeno delle
pietre che rotolano, si salveranno.
Passeranno
secoli e secoli prima che da questo semplice e spontaneo meccanismo possa nascere un’applicazione cosciente, però, non c’è alcun
dubbio, Mammuth, Babbuth e Figliuth, in quell’occasione, inventarono
contemporaneamente ruota e monociclo!
(A proposito, nella piana di Laetoli, stampate nella cenere vulcanica indurita dal tempo, vi prego di credermi, ci sono ancora le orme fossili di questa famigliola a testimoniare l’accaduto. Guardate la foto esposta sopra.)
Ottobre 2006 Lo
Scozzese