La macchina elementare

 

Oggi

Simbolo di gioventù, salute e vitalità, di risparmio energetico e di un nuovo modello di sviluppo alternativo, la bicicletta è una macchina eccellente ed ideale atta a farci sopportare, mediante la sua pratica assidua, la situazione di perpetuo stress che il mondo attuale ci procura.

Convertita in compagna insostituibile delle attività umane, sembra destinata ad accompagnarci ancora per molto tempo, perché si adatta magicamente, come un anello al dito, ai nuovi venti ecologici che stanno spirando all’interno della comunità internazionale.

La oramai conclamata ed incombente recessione poi, la eleggono come strumento ideale per potersi almeno difendere dai disagi che questa comporterebbe.  

Domani

Sono convinto che, poco a poco, la dislocazione all’interno della cerchia urbana nel XXI secolo, si estrinsecherà in alta percentuale a colpi di pedale,  o collettivamente attraverso altri mezzi di trasporto, in città con architettura più gradevole ed umana.

Tale nuovo stile si esprimerà attraverso abbondanti aree pedonali, marciapiedi ampi, piste ciclabili, isole per ridurre l’ampiezza delle strade, e così via.

Queste trasformazioni saranno concepite non come semplici accessori, bensì come elementi essenziali di un paesaggio urbano che includa, a titolo di protagonisti, pedoni e ciclisti.

Ciò avverrà una volta che si decidesse finalmente di sradicare sia gli indesiderabili ed invadenti veicoli a combustibile fossile, sia la politica di trasporti e di crescita metropolitana destinata e privilegiarli e si controlli la voracità delle multinazionali del petrolio e delle auto. Un chilometro di strada carrozzabile occupa circa sei ettari di suolo!

Spesso la fantascienza è stata antesignana delle conquiste scientifiche o delle modifiche socio-culturali che avrebbero visto la luce solo molti anni dopo.

Ebbene, nelle esplorazioni o nelle colonizzazioni di pianeti remoti proposte dai romanzieri del genere summenzionato, appare dovunque, se pur timidamente, la bicicletta: per esempio nell’utopia anarchico-ecologica descritta da Ursula Le Guin in “Gli spodestati” che si basa sui “kibbutzim” e sulle collettività cinesi della Rivoluzione Culturale per quanto riguarda l’organizzazione della produzione agricola, in Kropotkin per quanto riguarda l’organizzazione sociale, in Paul Goodman per l’organizzazione urbana e in Murray Bookchin per la politica tecnologica.

In tutti i casi, come mezzi di trasporto per eccellenza, appaiono i treni, i dirigibili e, guarda caso, non ultime, le nostre care biciclette.

Fisiologia

Normalmente, ogni secondo, più di diecimila stimoli sensoriali ci colpiscono incessantemente.

Quando cerchiamo di apprendere a maneggiare la bicicletta, e per questo bastano tre giorni ed un paio di cadute, ed impariamo a condurla con abilità per le strade, e ciò richiede normalmente un minimo di due anni, il numero di questi stimoli si moltiplica e dobbiamo perciò selezionarne deliberatamente alcuni e intuitivamente altri per ricreare nel nostro cervello una immagine del mondo che non corrisponde assolutamente a quella di quando ci si sposta a piedi, nostra naturale forma di dislocamento.

Lo stesso dicasi per quella che riceviamo quando cavalchiamo, che è mutuata con la volontà ed il gradimento di un altro essere vivente, ed anche per quella che procura il viaggiare chiuso all’interno delle lamiere di un’automobile.

La cosa però, una volta appresa, si stampa indelebilmente nella mente, succeda quello che succeda: una persona colpita da amnesia non dimentica come si sta in equilibrio su di una bicicletta.

Così il pedalare a cavallo d’essa diventa istintivo come qualsiasi altra azione locomotrice, senza però dimenticare il ruolo importante che gioca il dover mantenere costantemente l’equilibrio.

Tecnica

La bicicletta è un mezzo di trasporto di gran efficienza energetica: uno studio statunitense ha stabilito che per percorrere con essa un chilometro si spendono 35 calorie, mentre il motore di un’auto consuma ben 1860 calorie.

Inoltre il rendimento dei muscoli della coscia, la massa muscolare più potente del nostro corpo, nel pedalare è molto alto, perché aggiustiamo intuitivamente la potenza ed il ritmo del nostro sforzo secondo la forza del vento, la resistenza dell’aria, la pendenza che affrontiamo e l’effetto di gravità, oltre al terreno sul quale transitiamo e l’attrito che ne deriva.

Se lasciamo da parte le salite e le competizioni nelle quali conta il peso e la forza per vincere la gravità ed imprimere brusche accelerazioni, in generale il ciclista, su terreni piani o leggermente ondulati, avanza sempre a velocità costante e quindi non esegue movimenti inutili che lo obblighino a stimolarsi in modo superfluo, sprecando ulteriori energie.

L’attrito con il suolo dipende, fondamentalmente, dal diametro delle ruote, dal tipo di pneumatici e dalla loro pressione ed elasticità. Esso però risulta trascurabile se lo compariamo con il dispendio di energia che comporta il vincere la resistenza dell’aria.

In accordo con le misurazioni effettuate sui corridori professionisti, per correre a 50 chilometri all’ora sono richieste circa 600 calorie, così ripartite: 200 per vincere la resistenza dell’aria sul mezzo, 350 per abbattere la stessa resistenza sul corpo del ciclista e 50 destinati a vincere i vari attriti, e cioè quello del suolo e degli avvallamenti.

Il mantenimento della stabilità dell’insieme uomo-mezzo, sia in linea retta che in curva, dipende da una armoniosa relazione basata sulle reazioni istintive o sui riflessi condizionati: nel girare ci incliniamo verso l’interno della curva che descriviamo e ci assoggettiamo tanto al peso del nostro corpo quanto alla forza centrifuga, e dobbiamo contrastare intuitivamente tali spinte se desideriamo mantenerci saldamente in sella ad essa.

L’acquisizione di riflessi adeguati ed il loro dominio da parte del ciclista, risultando un processo giocoso, piacevole e simultaneamente basilare ed incosciente, continua ad essere essenziale per mantenersi sopra alla sella e, per ora, non esiste alcun segno della sua sostituzione con qualche panacea metodologica. Per questo non esistono manuali per imparare ad andare in bicicletta.

Stranamente poi, più instabile è una bicicletta tanto più maneggevole ci appare; sarà per il fatto che così stimola e tiene sveglie maggiormente le nostre percezioni.

 

Conclusioni

Ancora mi meraviglia come questa macchina elementare fonda, nella sua pratica, sia la percezione intuitiva che l’azzardo creativo, per coinvolgerci nell’affascinate mistero che emana dalla sua magia inspiegabile.

 

 

                                                                                                          Lo Scozzese