Il segreto di Cianchitto 

 

Tutto il mondo è paese, recita un famoso detto, e tutti i paesi hanno i propri personaggi, ai quali, diciamo pure per simpatia, di norma viene attribuito un soprannome.

Anzio e Nettuno, naturalmente, non possono essere ritenuti da meno, ed infatti ricordo che erano, e lo sono sicuramente tuttora, territori dove il soggetto, la macchietta, il tipo particolare, assieme ai loro soprannomi, allignano e prosperano senza che nessuno si debba sforzare tanto per incentivarne la nascita e la crescita.

A dire la verità, quella dei soprannomi è un’abitudine che prescinde dal fatto che una persona sia un tipo a parte; è più una nostra pratica che può essere fatta risalire a tempi molto remoti.

Tanto per fare un esempio, anche gli antichi romani usavano dei soprannomi e questo, addirittura, era un fatto praticamente istituzionalizzato. Noi siamo registrati anagraficamente mediante un nome ed un cognome; gli antichi romani lo erano anche con il soprannome.

Per esempio, abbiamo tutti sentito parlare di Cicerone e così siamo abituati semplicemente a chiamarlo, senza sapere che il vero nome completo era Marco Tullio Cicerone: Marco il nome, Tullio la gens (la gente, equivalente pressappoco al nostro cognome), Cicerone il “soprannome”. Cicerone aveva un’escrescenza a forma di cece (cicerus, in latino), proprio sul naso.

Ritornando a noi, voglio dirvi che qui, ora, dopo i vari “Er Secùlle”, “Mezzomètro”, “Zibìgi”, “Er Mortàro”, “Celletta”, “La Perchia”, “Baffitto”, “Cacamelazza”, è anche il turno di Cianchitto.

Cianchitto, badate bene, è però un nome di fantasia; siccome mi accingo a parlare di lui, non voglio che possa essere identificato.

Si, perché Cianchitto nasconde un segreto che solo io e pochissimi altri conosciamo e che adesso voglio rivelarvi.

Cianchitto è un contadino, rude, uno di quelli vecchio stampo, abituati a sbarcare il lunario in qualche modo ed a fregarsene del mondo e delle sue regole, a meno che non gli caschi addosso.

Abita fuori Nettuno, in una zona che sembra essere nata anch’essa per assumere un soprannome; si chiama infatti  “Lo Scopone”.

Tutte le mattine, estate ed inverno, si alza di buonora e dopo aver accudito se stesso e gli animali, prima gli animali e poi se stesso naturalmente, apre di soppiatto il magazzino del quale dispone dietro casa e che usa per riporre gli attrezzi da lavoro, trattore compreso, e ne torna fuori sempre con due zozze taniche di plastica.

Rientra in casa, ne esce velocemente col solito cappello sdrucito, quello della festa, e si avvia per la strada che lo condurrà a prendere l’autobus per Nettuno.

Tutti i conducenti ormai lo conoscono e per loro è come un’istituzione. Se la mattina presto non si scambiano due parole in autobus con Cianchitto è come essere usciti di casa senza aver preso il caffè.

Con qualche scambio di battute, sempre le solite, il tempo, la temperatura, la situazione dei pomodori o dei cavoli, secondo stagione, Nettuno arriva rapidamente. Un saluto e Cianchitto si dilegua in fretta, con le sue taniche al seguito, prima verso il porto turistico e poi attraverso gli archi d’ingresso al borgo medioevale. Di lì ne esce fuori sempre con una certa celerità perché successivamente dovrà recarsi anche ad Anzio.

Nessuno sa bene cosa vada a fare all’interno del borgo, l’unica cosa evidente è che quando ne esce, almeno una delle taniche contiene del liquido di colore fra il giallo paglierino e l’ambra e si porta dietro uno stuolo di gatti.

Seguiamolo ora ad Anzio. Un salto da “Nonna Rosa”, un altro al “Turcotto”, un altro ancora allo “Sbarco di Anzio”, una visitina da “Romolo al Porto”, un’altra alla “Baia di Ponente”. Le taniche sempre al seguito e sempre più piene, i gatti sempre più numerosi ed invadenti.

Fra una visita ed un’altra, condita sempre da quattro chiacchiere, si fa tardi e Cianchitto ripercorre a ritroso la strada verso casa.

Arrivato, s’accerta di non essere osservato e quindi s’introduce di soppiatto nel magazzino dietro casa e, con un sospiro di sollievo, scarica le taniche. Quindi con rapide mosse, ormai quasi automatiche, preleva dal muro una pompa a mano e la introduce nel penultimo dei numerosi grossi fusti d’acciaio che sono ben disposti in fila. Da questo, preleva con la pompa una certa quantità del liquido contenuto e la travasa nell’ultimo fusto. Esegue la stessa operazione prelevando qualcosa dal terzultimo fusto riversandola nel penultimo e così via fino ad arrivare a travasare del liquido dal primo fusto al secondo.

Per finire, scarica nel primo fusto tutto il contenuto delle due taniche.

Una manfrina incredibile, apparentemente inutile. Badate bene però, non fidatevi mai delle apparenze; vi ricordate cosa si dice a proposito dei contadini? Certo, proprio così: “Contadino, scarpe grosse e cervello fino”.

Ecco infatti Cianchitto uscire dal magazzino in groppa al suo trattore per recarsi finalmente al lavoro nei campi. Oggi deve passare fresa ed erpice.

E’ proprio in questo frangente che una scia di penetrante puzzo di fritto segue l’avanzare del trattore e si diffonde nell’aria intorno.

Da cosa origina? Ecco svelato il mistero: i fusti nel magazzino servono a contenere olio di semi usato che Cianchitto raccoglie “a gràtisse” nei ristoranti e nelle trattorie locali e col quale egli alimenta il trattore, e lo strano travasare di liquido da un fusto ad un altro, non era nient’altro che un pratico espediente per decantare l’olio dai residui alimentari.

Ecco finalmente chiarito anche il perché all’uscita dai locali dove Cianchitto raccoglie l’olio usato egli è sempre accompagnato da uno stuolo di gatti: evidentemente per l’odore di pesce fritto che l’accompagna.

Spesse volte da lui passa anche “il comparetto”, quello con la vecchia macchina diesel che gli abita a due passi. Come al solito viene a fare il pieno per andare e venire da Roma, dove lavora.

Insomma signori, il segreto di Cianchitto in verità non è un segreto per nessuno. Lo sanno tutti benissimo che le auto diesel, soprattutto quelle col motore tradizionale dotato di accensione a precamera, andrebbero meglio se alimentate con olio di semi piuttosto che con gasolio.

E l’inquinamento? Molto minore. Nella combustione dell’olio di semi viene liberata una quantità di anidride carbonica che è l’esatto equivalente di quella assorbita dalla pianta dalla quale è stato ricavato. Una situazione di equilibrio quindi. Effetto serra bloccato. Molto minori sono anche il resto delle emissioni inquinanti. Ma le “sette sorelle” ancora non vogliono e noi dobbiamo continuare a bruciare combustibili fossili, almeno su larga scala.

E per il consumo individuale? Beh….ahm…insomma… Qualcuno comincia a notare abnormi vendite di olio di semi vari a 0,69 € al litro nei “discount”, un risparmio non da poco.

Adesso che lo sapete però, state attenti, l’olio di semi non paga accise e quindi il suo uso come combustibile, manco a dirlo, è illegale: si tratta di una frode allo Stato che, in questo caso, poverino, non intascherebbe di tasse altro che l’IVA.

Ma a Cianchitto che gliene frega. Se Frodi (sic) o uno dei suoi scagnozzi s’azzarda a fargli visita lo aspetta con la doppietta; le canne lubrificate con olio di semi, s’intende!

 

N.B.: Tutto il racconto è frutto di pura fantasia, perciò ogni riferimento a persone, cose, o fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

 

                                                                                                                                                             Lo Scozzese

 

P.S.: mi arriva ora notizia del fatto che Frodi ha autorizzato la miscelazione di “gasolio ecologico” (leggi olio di semi) al gasolio da petrolio, in percentuali progressivamente crescenti nel tempo. E’ la verità! Ha inoltre deciso con un apposito decreto di aumentare i già numerosi ministri del suo Governo e modificare la guida di alcuni Dicasteri. Ha proposto Cianchitto come Ministro del Risparmio Energetico, della Salute Pubblica e come Ministro dell’Ambiente. Un Contadino al posto di un Pecoraro.