E’ iniziato in sordina qualche
annetto fa.
Una rivoluzione, un miraggio; sembrava veramente fosse stato
scoperto un materiale che permetteva, finalmente, solo di accompagnare con il
gesto della pedalata l’avanzamento autonomo della bicicletta.
Stiamo parlando dell’avvento del carbonio.
Prezzi da capogiro, inavvicinabili. Nessuno ne sapeva e ne
capiva molto. Poi lentamente e progressivamente e quindi a valanga, come
normalmente succede, tutto diventa più familiare, compresi
i prezzi che consentono così ai più di avvicinarsi a questo sogno.
Eccoci allora tutti alle prese con termini
come “full carbon”, “alto modulo”, “monoscocca”,
“incollato”, “fasciato”, “open-mould”, “monolitico”,
“media/alta gamma”, e chi più ne ha più ne metta, all’interno dei quali
facciamo finta di districarci sapientemente.
Alla fine ci convinciamo che effettivamente questo materiale
sia miracoloso, forse a ragione, e ci avventuriamo nella spesa.
Ad una cosa però non abbiamo pensato e cioè
che il mondo era e rimane pieno di furbi i quali, sull’onda del successo di un
prodotto o di un servizio, cavalcano la tigre, cercando di sfruttare il momento
propizio.
Dice: ”Si, ma io mica ho comprato
un prodotto qualsiasi! Questo è un “tal dei tali”, artigianale, interamente
costruito a mano compreso il tessuto in
carbonio…ricavato da un gomitolo solo”.
Poi scopri, leggendo un po’ di letteratura specializzata
oppure, più banalmente, facendoti un giretto su EBay, che Cina e Taiwan, da buone sorelle della
medesima madre, anche qui dettano legge e sempre a prezzi stracciati, tali da
non giustificare minimamente per i produttori di imparare a lavorare
all’uncinetto.
Eccole quindi inforcate dai nostri amici e
colleghi queste meraviglie della tecnologia moderna; altro che acciaio o
alluminio. Troppo pesante l’uno, troppo rigido l’altro. Il futuro è del carbonio: una sapiente
miscela di leggerezza, rigidità e flessibilità. Comodo, il
massimo per le nostre granfondo.
Giustamente le sfoggi come un fiore all’occhiello quando
esci col tuo consueto gruppo e quando partecipi a qualche gara amatoriale.
“Come va?”, chiedi. “’Na
potenza…’na macchina da guera!”,
ti rispondono.
Poi succede che lungo la strada che porta a Borgo Grappa, in
concomitanza con l’inizio della buona stagione, com’è ormai consuetudine, siano disposti in buon ordine dei dossi artificiali.
Qualcuno si trova a transitare per questa strada, si accorge solo all’ultimo
momento che gli hanno imbastito la sorpresa, frena disperatamente ma non riesce
ad ammortizzare completamente il salto sul dosso e… stratatrakkete!
Il telaio cede.
Qualcun altro partecipa ad una gara
a Borgo Montello dove, notoriamente, ancora insiste un breve tratto d’aslfalto che sarebbe più consono alla Luna piuttosto che
alla Terra.
Due ciclisti, praticamente appaiati,
procedono a forte andatura. Una buca la evitano e due, naturalmente, le prendono. E…crikkete! E…crakkete! Partono contemporaneamente due preziosi telai
“full carbon open mould monostay high module drag reduction tech con lo zigo e con lo zago”.
Parola mia, è successo. Per i telai non sarebbe niente,
visto che ormai il loro prezzo è più che abbordabile, al punto che se ti
accontenti di un cinesino te ne puoi prendere anche due o tre da tenere di
scorta, il problema vero è che un telaio spezzato non consente, salvo
improbabili capacità funamboliche, di mantenere un adeguato equilibrio sulle
due ruote, ed inoltre il carbonio è comodo ma l’asfalto molto
meno!
Mi viene da dire: “Altro che “boom” ,
qui si tratta di un vero e proprio “crack” del carbonio!”
Aspettiamo il magnesio? Naturale: ASPETTIAMO IL MAGNESIO,
SOGNIAMO IL TITANIO E CAVALCHIAMO L’ALLUMINIO.
10/07/2006 Lo
Scozzese
(L’immagine è tratta da CT-Cicloturismo ed è
dell’artista pittore Buratti)