Il Semprevisa 

 

Ci sono luoghi che sono tagliati fuori dalle nostre consuete rotte, solo per il fatto che le vie d’accesso mal si addicono alle delicate ruote della bici da corsa, ma la cui vista, da sola, giustificherebbe l’acquisto di un mezzo più adatto, come ad esempio una “mountain bike”.

Uno di questi è il monte Semprevisa.

Questa montagna il cui nome è indicativo del fatto che, per la sua altitudine e per la sua vastità può essere vista da tutto il territorio a sud di Roma, con i suoi 1536 metri, è la più alta del gruppo dei Monti Lepini.

Le sue pendici sono tutto un pullulare di conosciutissimi e pittoreschi paesi, fra i quali, quelli che occupano il versante sud-ovest, quello cioè prevalentemente brullo e scosceso che si affaccia sulla Pianura Pontina, sono la metà preferita delle nostre scorribande estive.

Basterebbe ricordare, per solleticare la nostra memoria, in ordine di “apparizione” da nord verso sud: Rocca Massima, Cori, Norma, Bassiano, Sezze.

Il versante a nord-est è invece occupato dai paesi di Segni, Montelanico, Carpineto Romano, Roccagorga, che rappresentano comunque, ma più raramente, alcune delle nostre mete più ambite; ogni gruppo ciclistico locale ha nel suo calendario la propria “Carpinetana” che si rispetti.

Questo versante, attraverso una catena montuosa meno elevata contenente i monti Cacume e Gemma,

guarda direttamente verso la valle del fiume Sacco e, diversamente da quello che guarda verso la pianura, si caratterizza per la presenza di fittissimi boschi, principalmente di castagno e di faggio, interrotti solo raramente da scoscesi dirupi calcarei.

Tutti quindi, alla resa dei conti, ne conosciamo quasi a menadito le pendici; ma quanti di noi hanno mai provato ad avventurarsi alla scoperta della cima? Pochi probabilmente.

Eppure l’ascensione al monte è una cosa indimenticabile, assolutamente da provare.

Così come indimenticabile è la vista che si gode da lassù. Il panorama è magnifico: si domina tutto il gruppo dei Lepini, il gruppo degli Ernici, l’Agro Pontino, il mare da Capo d'Anzio al promontorio del Circeo, le isole Ponziane, e in lontananza, se si è particolarmente fortunati a livello di visibilità, il Vesuvio e le isole del golfo di Napoli.

Una vista così spaziosa giustifica veramente il nome che questa montagna ha, Semprevisa, ovvero VISTA SEMPRE.

Da lassù, in particolare, i paesi di Sezze e Bassiano, perfettamente distinguibili, appaiono quasi come fossero in pianura, mentre sappiamo che soprattutto Bassiano, con i suoi 562 metri, si colloca ad un’altitudine di tutto rispetto.

Sono numerose le vie d’accesso al monte, soprattutto sentieri pedonabili che partono dalla maggior parte dei paesi alle sue pendici, ma se volessimo fare nostra la montagna con una bicicletta, quella assolutamente da preferire è quella che si stacca da Bassiano.

E bisogna dire che questa volta non ci possiamo proprio lamentare: la Regione Lazio infatti ha pensato anche a noi e nell’ambito del Programma S.T.I.Le, gestito dalla XIII Comunità Montana dei Monti Lepini,  ha finanziato il progetto di “Valorizzazione e recupero ambientale e storico del percorso Bassiano - Monte Semprevisa - realizzazione pista ciclabile", promosso dal Comune di Bassiano.
Il progetto ha interessato il percorso, già esistente, che in prossimità di Bassiano parte dalla strada provinciale Ninfina II e conduce al pianoro di Camporosello a 1175 metri di altitudine, proprio sotto la cima del monte. Gli interventi progettuali previsti sono stati rivolti principalmente alla ricostruzione della percorribilità del precedente “stradone” attraverso la realizzazione di un nuovo piano stradale “bianco” idoneo all’uso della bicicletta.

Il progetto ha previsto la trasformazione del percorso in un itinerario didattico-naturalistico, caratterizzato dalla presenza di aree di sosta attrezzate con bacheche descrittive dei luoghi, panchine, tavoli da pic-nic, porta-biciclette e staccionate in legno. Un’opera caratterizzata da un basso impatto ambientale, che non modifica il tracciato esistente, che individua le aree di sosta nei siti già tradizionalmente frequentati dagli escursionisti ed utilizza materiali naturali come legno e pietra calcarea, facendo ricorso alle tecniche dell’ingegneria naturalistica.

Una volta raggiunto attraverso questa via il pianoro di Camporosello, corre d’obbligo fermarsi sia per riprendere fiato e sia per darsi un’occhiata intorno: l’ascesa non è assolutamente proibitiva, però il percorso è abbastanza lungo e quindi la stanchezza, soprattutto col caldo, si fa piuttosto sentire, soprattutto se si è preferito partire, per fare un po’ di riscaldamento, da Doganella di Ninfa o dall’Abbazia benedettina di Valvisciolo.

Il posto ed il panorama, anche se qui non siamo proprio in cima al monte, sono di per sé già bellissimi. Se però non ci si accontenta e se si ha tempo e voglia a disposizione, è possibile avventurarsi, per una via molto più impervia, per raggiungere la vera e propria cima del monte.
Allora, che ne direste di vederci su?

 

Ottobre 2006                                                                                                                     Lo Scozzese