Due “tubeless” con due soldi

 

L’orizzonte del perfezionamento e dell’innovazione del mezzo a due ruote, sembra doversi sempre allontanare indefinitamente.

Non si fa in tempo a digerire completamente una novità che subito ne appare un’altra sul mercato.

L’importante per le case produttrici è non spegnere gli appetiti, altrimenti il meccanismo consumistico non funziona e la ruota, in senso figurato anche se non ancora in senso letterale, si ferma e sono guai.

E’ palese che alcune innovazioni trovino una giustificazione solo di tipo prettamente commerciale, ma altre assumono sicuramente un senso diverso che è quello di migliorare le caratteristiche tecniche e quindi le prestazioni del mezzo meccanico e l’ottimizzazione dello sforzo atletico prodotto dal ciclista.

Così, ad esempio, è notizia dell’ultima ora l’ampliamento del già sufficiente numero di pignoni del cambio, che passerebbe perciò da dieci ad undici velocità, l’aggiunta di una classe “super record” in casa Campagnolo che farebbe decadere il prestigio goduto dall’attuale “record” e l’innovazione completa del cambio che da meccanico diverrebbe elettronico.

Oltre a ciò, mi piacerebbe far riferimento alla presenza ormai effettiva sul mercato delle soluzioni “tubeless” degli pneumatici da corsa, un tempo appannaggio soltanto del mondo delle ruote grasse.

Qual’è il vantaggio di una soluzione “tubeless” rispetto ad una tradizionale, quella cioè che prevede l’inserimento di una camera d’aria separata?

Molto semplice: uno pneumatico “tubeless”, di una MTB ad esempio, oltre ad essere più leggero in quanto mancante di camera d’aria, è praticamente imperforabile, o meglio, poiché normalmente è previsto l’inserimento nello pneumatico di un liquido speciale che solidifica a contatto con l’aria, in caso di foratura, nella stragrande maggioranza dei casi, esso si auto ripara, permettendo al “biker” di proseguire la propria corsa; salvo fermarsi un attimo per ripristinare velocemente, a saldatura avvenuta e dopo l’inevitabile se pur minima perdita di pressione, il gonfiaggio della ruota.

Non più lunghi e laboriosi smontaggi della ruota e dello pneumatico, cambio della camera d’aria, rimontaggio e gonfiaggio che, soprattutto in gara, potrebbero diventare determinanti ai fini dell’esito finale.

C’e una giustificazione di fondo alla quale si deve il fatto che oggi soltanto le MTB siano diffusamente dotate di una tale soluzione. La questione è che le pressioni di gonfiaggio delle ruote di una corsa sono di gran lunga superiori a quelle di uno pneumatico di MTB, anche più di quattro volte, con l’ovvia conseguenza che in caso di foratura la perdita di pressione sarebbe così violenta da non consentire che il liquido produca un’auto riparazione del “tubeless”. E non solo. C’è da considerare che, anche in caso di mancanza del liquido auto saldante, la ruota di una MTB con pneumatico “tubeless”, in caso di foratura, a causa del grosso volume d’aria contenuto, che è circa tre volte quello di una ruota di una corsa, sarebbe destinata ad uno sgonfiamento piuttosto lento e tale da consentire, in molti casi, il raggiungimento di un punto comodo per la sostituzione.  Ciò ovviamente, per gli stessi motivi elencati sopra, varrebbe molto meno o per niente per una corsa.

La sfida è ancora aperta e sebbene alcuni produttori già forniscano soluzioni “tubeless” per le specialissime, gli stessi sono ancora alla ricerca della soluzione vincente.

Nel frattempo, malgrado le difficoltà, considerati i vantaggi che comunque deriverebbero dall’adottare questa soluzione piuttosto che quella convenzionale, minor peso e quindi minore inerzia e conseguente maggiore reattività della ruota nello scatto ed in salita, alla luce di una mia felice esperienza di adattamento fatta con pneumatici da MTB tradizionali, vorrei in questa sede proporvi un esperimento: la trasformazione di due pneumatici tradizionali in “tubeless”, ad un costo assolutamente abbordabile, tale comunque da consentirci di anticipare il prossimo futuro e provare la sensazione e la resa di una tale soluzione.

I materiali necessari sono, ovviamente, i due pneumatici da modificare (precauzionalmente si potrebbe iniziare anche soltanto con uno, quello meno pericoloso in caso di perdita di pressione che, secondo me, sarebbe il posteriore), una o due camere d’aria di diametro inferiore a quello degli pneumatici, ad esempio 22 o 24 pollici, ed una bomboletta gonfia/ripara, anche se per auto, moto o motoscooter. Dovrebbero andar bene le camere d’aria per le MTB da ragazzo o qualcos’altro del genere. Per finire, un taglierino affilato, un poco di manualità ed una buona dose di pazienza.

Prendiamo una camera d’aria e tagliamola attentamente nel senso della lunghezza dalla parte esattamente opposta a quella della valvola di gonfiaggio. Otterremo una sorta di nastro circolare chiuso.

Adagiamo questo nastro sul cerchio, tendendolo di quanto è necessario, dopo aver infilato la valvola nell’apposito foro predisposto sullo stesso. Aiutandoci con un dito facciamolo aderire alla gola del cerchio lasciando debordare la parte eccedente fuori dalle spalle di quest’ultimo.  A questo punto possiamo montare lo pneumatico e procedere al gonfiaggio mediante la bomboletta gonfia/ripara provvista di un adattatore che avremo predisposto e che ci consenta di assicurarla alla valvola di gonfiaggio.

Questa, per esperienza, è l’operazione più complicata in quanto, per ottenere facilmente il gonfiaggio e la successiva tenuta, la pressione fornita dovrebbe essere piuttosto violenta, tale da compensare le perdite iniziali che si verificheranno inevitabilmente dai bordi del cerchio prima che lo pneumatico possa aderirvi. Meglio forse provvedere ad un primo gonfiaggio mediante un compressore e completarlo poi con la bomboletta che avrà il duplice scopo di portare ad una pressione più conveniente lo pneumatico ed inserire nel medesimo una certa quantità di liquido che, fuoriuscendo in parte dalle spalle del cerchio e tappezzando lo pneumatico all’interno, fornirà un adeguato supporto di tenuta contro le perdite di pressione.

Se saremo fortunati e se lo pneumatico si gonfia e tiene come dovrebbe il gioco è praticamente fatto.

Sarà sufficiente a questo punto far girare per qualche tempo la ruota a far si che il liquido si distribuisca uniformemente e verificare la tenuta del marchingegno.

A completamento dell’opera, ci si munirà di un taglierino e, con molta attenzione per non intaccare lo pneumatico, si dovrà tagliare raso al cerchio al fine di asportare la parte eccedente e debordante della camera d’aria con la quale lo abbiamo inizialmente fasciato.

Sarebbe consigliabile lasciare la ruota a riposo almeno per un’ora per consentire al liquido fuoriuscito dalle spalle del cerchio di solidificare, poi potremo azzardare, con molta circospezione, una prova, non prima però di aver portato la pressione al consueto livello mediante la nostra tradizionale pompa.

Una raccomandazione: quando uscirete per la prova, a parte la pompetta, portatevi dietro almeno una camera d’aria tradizionale, da usare per ripristinare la funzionalità della ruota sottoposta a modifica nel caso le cose non vadano nel verso giusto; e non v’avventurate in discesa!

Portate anche un calendario che vi servirà da memorandum per ricordarvi tutti i santi ai quali dovrete affidarvi e, per finire, tenete presente che di me siete autorizzati a scordarvi completamente: io non v’ho detto niente!

 

                                                                       Lo Scozzese