Ciclobolario (dispensa n° 1) 

 

Accannàto: pps di accannare, dicesi di ciclista particolarmente affaticato e poco lucido a causa della stanchezza. Questi si riconosce dal volto paonazzo, dal respiro affannoso e dal fatto che  risponde alle domande con voce afona o solo con cenni della testa. Il termine non è da confondere con accanato che, viceversa,  significa inseguito e stretto tutto intorno dai cani, caratteristica frequente del ciclista solitario. “Er compare sta accannato”, acceleriamo, il nostro compagno è stanco.

 

Affrànto: pps di affrangere, agg, termine di senso simile ad accannato (vedi) ma più elegante.  Si riferisce più propriamente a situazione psichica. Stanco, rotto da fatica, stracco. “Me so’ affranto”,  mi sono proprio cotto a dovere.

 

Aggancià: vtr (rifl agganciàsse), l’atto di seguire da vicinissimo un gruppo dopo averlo raggiunto o, molto più credibilmente, dopo essere stati raggiunti e superati. Si estrinseca, attraverso sapiente sfruttamento in successione della scia di chi sta davanti, mediante pedalate in sincrono tendenti a mantenere la distanza minore possibile senza incorrere nel pericolo di sfiorare il mezzo antecedente e cadere di conseguenza. A tale proposito alcuni propendono piuttosto per l’uso del manico d’ombrello allacciato al cannotto del ciclista che precede. “L’amo agganciati prima de Tor’Astura”, siamo troppo forti, non ci batte nessuno.

 

Alè!: inter, dal francese “allez”, in questo caso “venite”. Richiamo che viene lanciato all’indirizzo del o dei ciclisti che si stanno sorpassando. Allude all’invito ad agganciarsi (vedi) per proseguire insieme il tragitto ma nasconde spesso la volontà di avere un motivo per scatenare una “bagarre” (vedi).

 

Allùngo: sm, si dice dell’atto di aumentare progressivamente ma decisamente l’andatura nel tentativo di accannare qualcuno.

 

Annà al passo: loc, l’atto di pedalare con regolarità, senza scatti o rallentamenti repentini. L’interpretazione è molto soggettiva ma generalmente significa pedalare ad un ritmo piuttosto blando, intorno alle 70/80 pedalate/minuto, “pe’ sgrassà”, cioè per dimagrire.”Oggi annàmo ar passo, domani ciavemo ‘na gara”, non accettiamo provocazioni da nessuno.

 

Annà in fuga: loc, l’atto di fuoriuscire di botto dal gruppo e proiettarsi in avanti con veemenza per staccare i compagni. L’operazione è di difficile realizzazione e destinata generalmente a fallire dopo circa venti pedalate. Il ciclista che rientra senza essere riuscito ad annà in fuga”, afferma  sempre  che “stava a scherzà”.

 

Appiedàto: pps di appiedarsi, che procede a piedi o “a capezza” (vedi). Dicesi di ciclista imprevidente e senza la necessaria dotazione di scorta, rimasto privo dell’uso del mezzo a causa di una banale foratura o di un guasto meccanico più serio. Frequenti i ciclisti di questo tipo fra i fanatici della riduzione di peso, “io nun me porto manco la pompa”.

 

Aspettàmo l’altri: loc, richiesta proferita generalmente dal ciclista affranto, nel tentativo di spegnere il dinamismo del gruppo. Più il richiedente è prostrato e più dimostra indignazione se non gli si da retta.

 

Bagàrre: sf franc, tumulto, trambusto, subbuglio, tafferuglio, cagnara, zuffa, baruffa, parapiglia. Situazione che si provoca allorquando alcuni all’interno del gruppo tentano una sortita. Più spesso fra due gruppi vestenti maglie diverse e agganciatisi. Si scatena maggiormente in pianura e sui dossi.

 

Bòmba: sf, particolare bibita, tisana, decotto, snack o pastiglia assunta con la precisa speranza, destinata però a rimanere tale, di aumentare le proprie prestazioni atletiche. Si nasconde spesso ad arte nelle borracce opache (vedi) a confondersi con banale acqua. Se la borraccia è trasparente e rivela un colore anomalo del liquido contenuto, verdino o rosato che sia, non può che trattarsi di tè.

 

Borràccia: sf, contenitore idoneo a trattenere, conservare e nascondere liquidi di varia natura che vengono sorseggiati  ad intervalli regolari dal ciclista soprattutto in estate. E’ affermazione comune che essa contenga sempre acqua. Risulta in tal modo incomprensibile la consuetudine di “shakerare” violentemente tale contenitore prima dell’uso. Il colore è quasi sempre vivace e rigorosamente opaco per celarne il contenuto. “Aho, ma che c’hai dentro ‘sta boraccia?”, “Tè, cumpà!”.

 

Bùco: sm, intervallo di lunghezza variabile che si realizza fra un gruppetto di ciclisti ed un altro nel momento in cui un succhiaròte (vedi) passa nella categoria degli sgauzzoni (vedi) e non svolge più a dovere la sua funzione. E’ situazione mai augurabile. “Ricucì er buco”, coinvolgere un succhiaròte più fresco e scaltro nell’azione di diminuire la distanza venutasi a creare fino a ritrovare una nuova condizione di equilibrio e di benessere.

 

                                                                                                          Lo Scozzese