Che ci guadagno con Guadagnolo
Conosco una categoria di persone sotto certi aspetti un po’ particolare e sotto altri assai comune. Tutti hanno più o
meno le medesime caratteristiche di base: una famiglia, un lavoro che li tiene
occupati per buona parte del tempo a loro disposizione e qualche interesse al
di fuori. Qualcuno si differenzia solo in quanto non
lavora e si gode una meritata pensione ma, per il resto, non ci sarebbe niente
di particolare da mettere in evidenza, salvo il fatto che tutte le domeniche, sempre,
come sorci guidati dal magico flauto del pifferaio della famosa favola, si
raccolgono in luoghi tacitamente prestabiliti.
Chi si trovasse a passare ad una
certa ora da quelle parti, noterebbe un assembramento di persone multicolori, assonnate
ma piuttosto ciarliere, agghindate come neanche a
Carnevale oserebbero fare. Ciascuno di loro trattiene accuratamente e
gelosamente uno strano mezzo a due ruote, snello, anche lui colorato variamente
ed in modo altrettanto appariscente.
Nell’aria un vago senso di attesa, di sospensione; è come se tutti stessero
aspettando qualcosa di particolare.
Ad un segnale invisibile, uno salta
in groppa allo strano mezzo e si avvia, in equilibrio solo apparentemente
stabile. Tutti gli altri allora dietro a lui in una sorta di processione nella quale è facile poter riconoscere, secondo la somiglianza
dell’abbigliamento, le differenti confraternite.
Si tratta dei ciclisti, o meglio,
dei cicloamatori i quali, come accenna anche il nome,
sono coloro che, emuli dei vari Bettini,
De Luca, Simoni, Cunego, amano
praticare lo sport della bicicletta.
Emuli, naturalmente solo per modo di
dire: la stragrande maggioranza gode infatti di
prestazioni che sono solo lontanamente paragonabili a quelle dei
professionisti. D’altra parte, se
prescindessimo dalle caratteristiche fisico atletiche
di base, che possono privilegiare qualcuno piuttosto che un altro, non ci si
può aspettare granché da gente che, normalmente, trova tempo per allenarsi
soltanto la domenica.
Però un osservatore attento e scaltro,
al di là del colore della maglia e della bicicletta nonché
dell’età, noterebbe subito due grosse compagini all’interno del gruppo, una
delle quali molto più somigliante dell’altra, almeno nelle intenzioni, ai
professionisti anzidetti, marcatamente esuberante ed a torto od a ragione boriosa,
e l’altra, al contrario, restia ad ogni tipo di esternazione di forza e
predominanza.
Ma, non è solo questa la differenza;
c’è proprio una diversità di intendimenti, di
obiettivi, che nel caso della prima compagine
sono facilmente definibili mentre nel caso della seconda sono molto più labili
ed indistinguibili.
Per ciò che riguarda la prima,
l’obiettivo è immediatamente delimitabile nell’ottenimento di una buona
posizione in classifica, conseguita a seguito di corse su brevi circuiti
ripetuti più volte ad andatura molto sostenuta che si organizzano in
determinati periodi dell’anno, la predominanza atletica sul proprio compagno di
squadra o semplicemente sul ciclista che pedala a fianco. Agonisti già nel DNA.
Per ciò che invece concerne la
seconda, l’abbiamo già detto, le cose si complicano un po’.
C’è però un particolare importante che
ci viene in aiuto.
Infatti, se il medesimo osservatore di
cui sopra insistesse nell’osservare, noterebbe, all’interno della seconda
compagine, un piccoletto striminzito che a vederlo giureresti
che già si regga a fatica in equilibrio sulla sella; non parliamo poi di farla
avanzare a velocità adeguata per stare dietro al gruppo di appartenenza; salvo
poi a verificare che, sebbene non si capisca come e perché, in qualche modo, va.
Quello sono io, “atleta” domenicale
ed improvvisato, più o meno come tutti gli altri della mia stessa categoria e,
visto che posso parlare in prima persona, debbo dire
che non è la prima volta che mi ritrovo a considerare quali possano essere le
reali motivazioni che mi spingono, anche più volte la settimana, ad alzarmi
prestissimo la mattina ed inforcare un mezzo che, per darti un minimo di
soddisfazione, richiede il pagamento di un pegno di fatica considerevole.
Scartiamo subito l’obiettivo classifica, non tanto per
volersi necessariamente dissociare dalla compagine degli “agonisti”, ma per non
far ridere i polli.
Cosa rimane? Della fatica abbiamo già
parlato, mettiamoci in più il desiderio di emulazione,
le occasioni di d’aggregazione e di condivisione, un minimo di desiderio di
misurarsi cogli altri, cose più che scontate, ma in più credo, per esperienza, che
uno degli obiettivi principali almeno per me e, ne sono certo, per parecchi
altri, sia il desiderio di misurarsi con se stessi.
Gioca un ruolo di soddisfazione
considerevole l’affrontare e vincere una salita celebrata, così come lo stesso
vale per partecipare e portare a termine decorosamente una manifestazione importante,
come può essere una Nove Colli, una Maratona delle
Dolomiti o una lunga Randonnée.
Credo anche però che, analizzando a
fondo il problema assuma un’importanza determinante pure
il piacere della scoperta, il gusto di visitare posti sconosciuti, che
distolgano dalla consuetudine e dalla monotonia dei soliti percorsi, che
possano rimanere come ricordi scolpiti in maniera indelebile nella nostra
mente, esperienze da poter condividere e raccontare ai propri amici e colleghi
e da inserire nel “carnet” delle proprie conquiste, magari con una semplice
fotografia; un po’ come l’alpinista colleziona le cime delle montagne più
impervie.
E’ questa la ragione per la quale
continuo felicemente ad alzarmi presto la mattina per mantenere un minimo di
preparazione fisica e perché non mi faccio mai scappare le occasioni quando mi
si offrono.
Un caso fra tutti è stato quello della
“madre di tutte le uscite” organizzata recentemente verso il Monte Guadagnolo.
Un percorso da
scoprire per quanto riguarda strade, luoghi e panorami e da vincere per la presenza
di salite importanti. Fra tutte quella che da Cave porta a Rocca di Cave, molto difficile,
almeno per quelli della mia sostanza.
Sofferenza e piacere che Guadagnolo ha regalato a me ed ai pochi che mi hanno fatto
compagnia e che, come me, mi sia permesso il bisticcio di parole, ne hanno sicuramente
tratto guadagno.
Sono qui ancora a chiedermi il
perché, almeno dalle apparenze, parrebbe che molti altri della mia categoria non
la pensino come me.
Lo
Scozzese