Se qualcuno vi chiedesse a
bruciapelo di andare a fare un giro in bicicletta sul vulcano, sono certo che
lo guardereste stupefatti. Se viceversa vi dicesse,
andiamo ai Pratoni, al Tuscolo o a Rocca
di Papa, allora non fareste una piega.
In verità le due richieste si equivalgono: la prima
rappresenta solo un modo più colorito e più vago per dire ciò che la seconda
definisce più precisamente e cioè: andiamo da qualche
parte sui Colli Albani.
Per chi ancora non lo sapesse,
infatti, questi ultimi, non sono altro che ciò che rimane di un antico vulcano
conosciuto col nome di Vulcano Laziale.
Esso cominciò a formarsi circa 700.000 anni fa, quando anche
nel nostro territorio, oltre che in buona parte del resto del globo, si
aggirava l’Homo Erectus, un nostro antico progenitore. Chissà che spaventi deve aver passato, poveraccio, quando il nostro giovane
amico, pimpante ed attivo più che mai, sputava nel cielo fumo, lava, cenere e
lapilli!
Questo periodo di giovinezza del
vulcano, durò circa 300.000 anni, durante i quali fu prodotta un’enorme
quantità di materiale vulcanico, circa 280 chilometri cubi, che si sparse
intorno a formare un cono del diametro, alla base, di circa 60 chilometri. Niente male no?
Alla fine di questo periodo la cima collassò sotto il suo
stesso peso ed il crollo conseguente formò una
larghissima caldera, parte della quale è ancora visibile ai giorni nostri. I
cosiddetti Pratoni del Vivaro ne sono l’odierna testimonianza a noi più
familiare.
Si tratta di un grande
recinto a forma pressappoco di ferro di cavallo e del diametro di circa 15
chilometri il quale, partendo da Frascati, abbraccia il Tuscolo, Rocca Priora,
I monti Ceraso e Peschio, il Maschio di Lariano ed il monte Artemisio.
Qui si interrompe in quanto
successive eruzioni ne modificarono grandemente la struttura, provocandone il
crollo ed andando a formare, con ulteriori bocche eruttive, quelli che poi
divennero numerosi laghi, fra i quali quelli di Nemi e di Albano, conservatisi
fino ai giorni nostri. Le depressioni di Albano, Nemi
ed Ariccia, hanno la stessa origine
Dopo questi primi 300.000 anni, ci fu una fase di quiescenza
di ben 100.000 anni che terminò con la formazione, all’interno della caldera
già menzionata, di un ulteriore edificio vulcanico il
cui cratere è individuabile nelle attuali zone di Monte Cavo e dai monti delle
Faete vicino a Rocca di Papa.
Questo ulteriore periodo di
attività che durò circa 170.000 anni, fu però più tranquillo del precedente,
tanto che i materiali piroclastici si sparsero per soli 6 km di circonferenza.
Le eruzioni, però, contribuirono a riempire il fondo della
caldera preesistente.
Il Vulcano Laziale ora dorme da quasi 100.000 anni. Nel
frattempo gli interventi massicci di Madre Natura da una parte e dell’uomo
dall’altra, lo hanno trasformato in uno dei luoghi più incantevoli e
caratteristici della nostra zona.
Anche noi siamo felici fruitori di questo suo nuovo aspetto e scorazziamo sulle sue
pendici ed all’interno della sua antica caldera con le nostre biciclette.
Però, come già avvenuto nel passato,
probabilmente il Vulcano Laziale dorme solo temporaneamente.
Su scala geologica, questi 100.000 anni di sonno non
rappresentano che un battito d’ali, una cosa insignificante.
Ricordiamoci bene che, se è vero che esso ora si presenta
pacioso e tranquillo, il magma nelle sue profondità continua
a ruggire e potrebbe sentire il bisogno, prima o poi, di salire a prendere una
boccata d’aria.
I geologi lo sanno bene e continuano a controllare, con
estrema attenzione, le sue manifestazioni, prime fra tutte
gli innumerevoli sciami sismici, non rilevati se non per via
strumentale, che documentano la sua attività residua.
Ci sono casi poi, nel quali,
durante il sonno, esso si gira per cercare una posizione più comoda.
Quando questo accade
ce ne accorgiamo anche noi, non solo i
sismografi. Basta ricordare il terremoto del 12 giugno 1995 che ha raggiunto
una “magnitudo” di circa 3,9 gradi della scala Richter.
Quindi, carissimi amici e colleghi, se trovandoci a passare
per i Pratoni o nelle vicinanze di Nemi o di Rocca di Papa, dovessimo avvertire
dei sordi brontolii che, considerato il cielo azzurro e terso, non possano
essere riferibili ad un temporale imminente, mi raccomando,
buttiamoci a capofitto ed il più velocemente possibile per la discesa delle
Macere o giù per la via dei Laghi verso Velletri o giù per Nemi, Genzano, Lanuvio.
Potrebbe essere il
gigantesco Vulcano Laziale che sbadiglia nel risveglio!
settembre 2006 Lo
Scozzese